I disastri aviatori - genesi e conclusioni.
Un esempio fra tutti: Linate 8 ottobre 2001 Dedichiamo questo scritto a tutte le vittime dei disastri aviatori ed in particolar modo alle 118 vittime dell'incidente di Linate ed ai loro parenti. Il terribile evento, occorso l'8 ottobre 2001 nello scalo aeroportuale di Milano Linate alle ore 08.10 di una giornata di nebbia fitta, ha inesorabilmente segnato la storia aeronautica italiana lasciando una ferita profonda in tutti noi.
I sintomi precursori, l'evento, le testimonianze ed i processi...tutto quello che è stato fatto. All'interno troverai moltissimo materiale documentale, studi condotti prima e dopo l'incidente, comunicati stampa e tutto il necessario per avere un rapporto profondo e sereno con i fatti accaduti. I contenuti audio/video sono raggiungibili attraverso i link predisposti lungo il testo.
Eventi precursori su Linate
Uno degli ausilii essenziale per la sicurezza e la regolarità delle operazioni in condizioni di visibilità inferiore a 550 metri, secondo le raccomandazioni ICAO (Organizzazione Internazionale per l’Aviazione Civile), non poteva essere mantenuto in efficienza per la indisponibilità di pezzi di ricambio e, alla fine del 1999, si provvedeva a smontare il motore dell’antenna senza poterlo sostituire.
Quello in trattazione è stato, intuitivamente, un tema centrale per la definizione del determinismo del sinistro: l’aspetto più clamoroso delle inefficienze ed inadeguatezze dell’aeroporto di Linate è, infatti, da ravvisare non solo nella mancanza di un radar di sorveglianza di terra operativo, ma anche e soprattutto nelle vicissitudini che fanno da corollario a questa paradossale situazione. Nonostante infatti, sin dalla fine del 1994, ENAV (al tempo AAVTAAG) avesse progettato l’installazione di un nuovo sistema radar NOVA 9000 SMGCS, il Servizio Navigazione Aerea della Direzione Generale dell’Aviazione Civile, interpellato per un parere operativo sulla localizzazione del traliccio dell’antenna, esprimeva un parere negativo senza appello sull’intero progetto. Le motivazioni addotte riguardavano, tra l’altro, presunti "vantaggi minimi quasi completamente sostituibili con l’installazione di 2 Stop Bars ………..nonché …… il fatto che fino ad oggi (17/05/1995 - n.d.r.) non siano stati riscontrati inconvenienti particolari in quanto il sistema di Linate, per la movimentazione a terra degli aeromobili, è molto lineare"
Affermazioni di questo tipo avrebbero dovuto comportare il coinvolgimento di chi ebbe a formularle, nell’indagine per il disastro di che trattasi: è inconcepibile che, all’origine di questa situazione di omissività, inadeguatezze strutturali e deficienze complessive si potesse porre tanta insipienza: se a Linate fosse stato operativo un sistema radar di controllo a terra, contrariamente alle convinzioni dell’estensore di questo emblematico parere, il sinistro sarebbe stato evitato.
Queste asserzioni si rivelano ancor più insostenibili posto che si consideri l’elevato numero di "runway incursions" invasioni di pista ed errori di rullaggio R5/R6 registrati a Linate a partire dagli anni 80’ e fino al pomeriggio antecedente l’incidente; non senza rilevare che, in ogni caso le stop bar che secondo l’inquietante parere in esame avrebbero potuto sostituire il radar, non sono state comunque installate e la segnaletica orizzontale non è risultata mai rispondente ai requisiti ICAO. La CT del PM sottolineava, ma a nostro avviso, in termini non adeguati alla gravità della situazione, che non esisteva in pratica alcuna ragione valida tale da giustificare il giudizio negativo espresso dalla DGAC sul progetto radar di terra che ne ha bloccato la realizzazione per 7 anni.
La CT stessa sosteneva che le raccomandazioni ICAO per prevenire involontari ingressi in pista in LVP (RVR< 350 mtr.) - in assenza di appropriati sistemi "quali le procedure operative per limitare il movimento di velivoli sull’area di manovra ad uno per volta (Annesso 14, cap.5.3.17.1.b)1) – non venivano seguite attraverso l’equivoco mantenimento della operatività aeroportuale(serie di notam – avviso agli aeronaviganti - di temporanea definizione del radar fuori servizio). Un modo per tranquillizzare l’utenza sulla temporaneità dell’avaria e forse per nascondere le reali condizioni di inadeguatezza strutturale del secondo aeroporto italiano dell’epoca. Allo stesso modo - ma questo aspetto non è stato sottolineato stranamente nella CT - per mezzo della DOP 2/97 (Operazioni sull’area di manovra in condizioni di bassa visibilità) – un’equivoca definizione delle condizioni di visibilità 3 assegnava alla discrezionalità del soggetto (pilota – controllore) fissare quando la visibilità fosse tale da limitare la movimentazione ad un velivolo per volta sull’area di manovra. Tanto vero che la definizione "visibilità non sufficiente per i piloti a rullare in modo autonomo e per il personale degli Enti di controllo ad esercitare il controllo visivo su aeromobili/veicoli sull’area di manovra" è stata tempestivamente trasformata da ENAV in "visibilità RVR 400 metri o meno" con variante del 24 ottobre 2001, allineandosi così all’ICAO Doc. 9476 – AN/927 SMGCS cap.2 para 2.1-tabella- ed.1986.
Quindi solo dopo l’incidente veniva fornito agli operatori aeronautici un valore fisso di riferimento di visibilità in pista, al di sotto del quale si doveva ritenere compromessa l’operatività aeroportuale e quindi limitare la movimentazione sull’area di manovra ad un velivolo per volta. Ed in soli 45 giorni dopo l’incidente Milano Linate veniva dotato del radar di terra, di segnaletiche orizzontali e verticali nel rispetto dei requisiti ICAO, di sistemi anti intrusione,di procedure di movimentazione adeguate ai livelli di sicurezza prescritti, di ammodernamento dei locali TWR e di ogni altra carenza emersa in corso di giudizio e tollerata da più di 20 anni. In buona sostanza, viceversa, il controllore GROUND, nella sala della TWR, il giorno della tragedia, in una situazione di elevato carico di lavoro, operava senza poter vedere, come "bendato", seguendo le traiettorie degli aeromobili al suolo sulla base delle istruzioni emanate e dei riporti di posizione ricevuti, affidandosi al soggettivo metro di valutazione dei piloti che rullavano in modo autonomo, senza aver mai avanzato richieste particolari di assistenza "follow me" od aver segnalato momenti di difficoltà nelle operazioni di rullaggio
Le "carenze strutturali della segnaletica", di aiuti luminosi, di carte dettagliate e precise per i piloti, le regole di sicurezza non rispettate in assenza del radar di terra e in condizioni di nebbia nonchè l’assenza di reazioni e di misure preventive per sopperire a queste carenze, sono stati, come ben descritte di seguito, eventi precursori il disastro.
I fatti e le indagini preliminari
Il giorno 8 Ottobre 2001 ha avuto luogo, presso l'aeroporto di Milano Linate, uno tra i disastri aeronautici a terra di maggiore gravità che la storia dell'aviazione mondiale conosca: l'impatto tra un velivolo privato ed un aeromobile dell'aviazione commerciale che ha causato la morte di 118 persone e la cui dinamica di evento può sufficientemente essere rappresentata (relativamente alle movimentazioni degli aeromobili) dalla ricostruzione di ANSV.
Nell'immediatezza del fatto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha dato corso, ovviamente, ad un'indagine, all'esito della quale ha richiesto il rinvio a giudizio di alcuni dei responsabili, in sede locale, tra i quali il controllore del traffico aereo, di alcuni dirigenti dell'Ente Nazionale Aviazione Civile e dell'Ente Nazionale Assistenza al Volo, nonché di SEA S.P.A. Società di Esercizio Aeroportuale che gestisce l'aeroporto di Linate.
Parallelamente l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo avviava un inchiesta tecnico amministrativa sull’evento.
Unico tra i soggetti imputati privo di cariche dirigenziali e/o rappresentative all'interno di alcun Ente veniva ad essere Paolo Zacchetti, Controllore del Traffico Aereo in servizio, titolare della posizione GND, la mattina dell'8 Ottobre 2001.
Unico elemento di certezza emerso sin dalle indagini preliminari era costituito dalla fatiscente condizione dell'aeroporto milanese all'epoca dell'incidente in particolare:
- la segnaletica, orizzontale e verticale, era inadeguata, insufficiente, non conforme agli standard normativi, talora suscettibile di indurre in errore;
- il sistema di luci, necessario per gestire alcune delle movimentazioni a terra (ad esempio: stop bar luminose, ausili visivo luminosi per operazioni in bassa visibilità) non era conforme agli standard normativi. L’impianto di segnalazione acustica per le intrusioni in pista era spento e quest’ultimo costituiva una specie di ultima barriera contro eventuali immissioni indebite nella pista di decollo.
- il radar, necessario in ogni condizione meteorologica, anche in ragione dell'alta densità di traffico aereo movimentato per localizzare gli aeromobili sull’area di manovra aeroportuale era stato dismesso, non c'era più.
A fronte di tali emergenze obiettive, all'Autorità Giurisdizionale è stato demandato il compito di accertare le responsabilità delle persone fisiche che operavano all'interno dei singoli enti, in ordine all'accaduto.Per quanto riguarda Paolo Zacchetti, il Tribunale, nel primo grado di giudizio, asseriva:
" …un errore da parte del controllore del Traffico Aereo operante sulla frequenza GROUND il quale non rilevava – sempre ad avviso dei giudici - a causa della scarsa familiarità con la segnaletica esistente sull’aeroporto, la posizione errata dell’aeromobile tedesco, pur chiaramente comunicata dal pilota e localizzata lungo un raccordo diverso da quello per il quale era stato istruito, e lo autorizzava a continuare il rullaggio…Causa – ancora secondo i giudici - è stata la cattiva gestione delle comunicazioni T/B/T da parte del controllore ground".
In buona sostanza " il Tribunale attribuiva a Zacchetti una colpa macroscopica, ritenendo pacifico che egli non rilevò la posizione esatta del CESSNA, sebbene disponesse di inequivoche segnalazioni di localizzazione, e così autorizzò colpevolmente la prosecuzione del rullaggio. Dopo avere dato al pilota del CESSNA l'istruzione di percorrere R5 e di riportare allo stop bar prima del prolungamento della pista principale, Zacchetti ebbe un read-back incompleto ed impreciso, perché il pilota del velivolo non ripetè il riferimento alla stop-bar, parlando piuttosto di un punto S4 (Sierra 4) inesistente su R5 e disse che avrebbe richiamato prima di raggiungere la pista principale e non prima di raggiungere l'estensione della pista principale (si tratta di due punti assolutamente diversi e distanti tra loro).
Zacchetti non fu tratto subito in errore - secondo il Tribunale - ma cercò conferma di quella che riteneva essere la reale posizione, dapprima chiedendola al pilota e poi verificando la posizione di altro aereo che avrebbe dovuto accodarsi al CESSNA, prima di autorizzarlo a proseguire il rullaggio".
Per descrivere questa fase il Tribunale di I° si rifaceva integralmente alla sola consulenza del tecnico del PM, riportandone i passi rilevanti, grazie ai quali, e anche per il convincimento che il pilota tedesco sapeva bene di trovarsi su R6 e che avrebbe intersecato la pista principale, veniva scartata la fondatezza della tesi secondo cui la colpa esclusiva del disastro sarebbe stata da attribuire ai piloti del CESSNA.
"Si trattava di piloti – nel convincimento dei giudici del I° grado - che conoscevano l'aeroporto di Linate per precedenti esperienze e che avevano attuato, quella mattina, una manovra identica a quella di altri velivoli autorizzati in quegli stessi giorni 7 e 8 ottobre a percorrere R6".
Secondo il Tribunale – " la comunicazione sul punto S4 e l'ordine del controllore di mantenere la posizione dovevano averli indotti a ritenere che questa fosse stata ben individuata. Nessun rilievo poteva avere il superamento delle luci rosse fisse della stop bar, proprio perché esse non avevano più funzione di segnale di arresto, non essendo comandabili a distanza".
Il controllore Zacchetti
Sull’affidabilità e preparazione professionale di Paolo Zacchetti e sul suo elevato standard operativo, sia sulla scorta degli scarni dati processuali del I° grado di giudizio ma ancor più dall’ascolto che si é potuto effettuare solo durante il processo di appello e di cui si dirà in seguito, delle sue comunicazioni sulla frequenza ground del 7-10-2001, non può sussistere alcun dubbio. In buona sostanza anche dall’ascolto delle comunicazioni radio non poteva non essere apparso evidente alla maggior parte dei consulenti tecnici come il giorno 8 ottobre 2001 l’operato di Zacchetti fosse in termini di assoluta correttezza e vale dire:
- le istruzioni sono state complete con fraseologia chiara e conforme alle prescrizioni in materia, con dimostrazione di possedere notevole padronanza della lingua inglese e ottima pronuncia, a livello di lingua madre;
- l’attenzione durante tutto lo sviluppo dei contatti radio è stata massima;
- il rispetto delle procedure é stato pieno: istruzione, read back adeguato, correzioni eventuali, conferma finale;
- il metodo di movimentazione assolutamente corretto superiore allo standard prescritto dalla normativa anche in presenza di picchi elevati di traffico.
L'assalto mediatico alla categoria dei Controllori del traffico aereo
Già dal giorno stesso del disastro, prima ancora di aver chiarito le principali cause dello stesso, parte una orribile campagna denigratoria nei confronti della categoria dei Controllori del traffico aereo quali unici imputati. Sospetti infondati, generalismo, ricerca di facile sensazionalismo campeggiano sui molti "mass media" che gestiscono l'informazione, ma come uscirne fuori? La categoria professionale tutta, già schiantata nell'intimo per l'impossibilità di gestire una situazione così devastante, si chiude in un riserbo preoccupante e fra gli addetti ai lavori aleggia un clima di "alienazione". <> oppure <> è stato il giudizio unanime di ogni singolo CTA ancora in servizio, lasciando spazio ad un profondo senso di frustrazione e rivelando all'improvviso la fragilità dell'impianto giuridico ed istituzionale.
Chi ha operato il controllo del traffico aereo in quei giorni si ricorderà di non aver avuto il benchè minimo supporto psicologico rimanendo solo di fronte al terrore del proprio lavoro ed allo sconforto di doverlo compiere comunque. In effetti tutta la categoria è stata lasciata sola...ma tanto è!
Rimanendo ai fatti, l’analisi "degli avvenimenti" e la sua impostazione, offrono già un’indicazione della linea ideologica dei mezzi d'informazione: la criminalizzazione dell’incidente. Il calendario giudiziario evidenzia ogni discussione critica generata dall’incidente nell’organizzazione del controllo italiano. Ragione in più che sembra portare alla criminalizzazione dell’incidente è anche la ripetizione a Linate, di eventi più o meno simili a quello che è sfociato nella "più grande catastrofe aerea della storia del controllo aereo italiano". Inoltre la totalità degli incidenti (airprox e incursioni di pista) è enfatizzata a tal punto dai media tanto da coinvolgere a più riprese l’interesse di diverse personalità politiche. La totalità degli incidenti sembra comprovare l’incapacità dell’organizzazione a ristrutturarsi: in ogni caso rendono poco affidabili le dichiarazioni degli attori del controllo (management, controllori ed organizzazioni sindacali) per giustificarsi. Conferiscono inoltre un’impronta di vanità agli sforzi dispiegati nel 2002 e 2003 per rassicurare i passeggeri ed infine contribuiscono ad alimentare e a rafforzare il processo in corso, giustificando indirettamente la severità finale dei giudici nel 2004.
Dall'8 ottobre 2001 in poi tutti gli attori passivi di eventi aeronautici, sembrano sempre avere l’ultima parola; le dichiarazioni dei passeggeri appena scampati ad una possibile collisione ("Abbiamo tutti pensato a quello che era accaduto l’8 ottobre") sono sistematicamente riportate, contribuendo alla costituzione di un sentimento d’insicurezza, di paura, perfino di psicosi. Titoli eloquenti quali "Terrore sopra Linate" sono usati in occasione di un intrusione di un volo da turismo nello spazio aereo di Milano Linate nei primi giorni del 2002. Generalmente, tuttavia, i giornali non hanno bisogno di drammatizzare o di insistere sul patetico perché il lettore, oramai, si identifica pienamente con il punto di vista di tali "vittime", tra sollievo, collera e richiesta di rendiconto.
Le dichiarazioni dei responsabili accusati sono, anch’esse, riportate, ma le loro difese e le loro giustificazioni, rese contraddittorie tra loro dal gioco di rinvio di responsabilità (scaricabarili) a cui danno luogo le audizioni e le dichiarazioni dei protagonisti, non hanno troppa credibilità per il lettore: gli elementi di verità che esse possono contenere diventano inattendibili e domina l’impressione di una assenza totale di senso delle responsabilità e di una totale incapacità a prendere coscienza dei problemi. Qualsiasi frase proveniente dall’ambiente del controllo (management, esperti, controllori, organizzazioni sindacali) è dunque subito colpita dal segno del sospetto, a testimonianza di una rottura del legame di fiducia tra l’istituzione (del controllo) e il pubblico. Solo gli attori esterni (vittime, utenti, politici, giudici fino all’episcopato di Milano) vengono ascoltati.
Non è sorprendente, quindi, non vedere quasi mai i controllori come soggetti del discorso: qualunque dichiarazione delle loro organizzazioni sindacali (sul tema di "noi ve l’avevamo pur detto, sono anni che mettiamo in allarme sull’insufficiente sicurezza del cielo milanese") annegano nella diffidenza generale che ispira il sistema di cui fanno parte e al quale si rimprovera loro di essersi ben adattati. E’ anche rimarchevole che i giornali non facciano mai sentire la voce del controllore accusato, come se lo si identificasse subito con una componente (colpevole) del sistema più che con una persona umana soggetta ad un evento. L’esempio di come vengono trattati gli incidenti da parte dei giornali è significativa, sotto più di un aspetto, della sfiducia di principio nei confronti del sistema e della totale invisibilità dei controllori. Raramente viene data la parola ad altri controllori, laddove le dichiarazioni dei piloti sono sempre lungamente riportate e commentate.
Il controllore coinvolto non viene intervistato né lo si presenta come una persona probabilmente colpita dalla catastrofe. Questo anonimato è rafforzato dall’assenza di qualsiasi rappresentazione concreta del lavoro, della sua complessità e delle sue specificità; non c’è neanche il rituale passaggio sullo stress del controllore. Sono rare le informazioni sui controllori veicolate negli articoli consacrati all’inchiesta sull’incidente: tutt’al più si apprende alla fine di un paragrafo che la formazione nelle torri milanesi continua ad essere molto carente e che l’uso di aggirare le regole (sulle condizioni di visibilità, sull’utilizzazione di scorciatoie di pista) era una routine abituale. Se qualcuno viene ad attribuire alla competenza professionale del controllore il merito d’aver dominato l’incidente, i giornali insistono immediatamente sull’anormalità di tali ricorrenti situazioni di incidenti. Le statistiche degli incidenti legati al rispetto di norme di separazione, fornite dalle autorità del controllo, sono sistematicamente interpretate a loro sfavore. Il ragionamento non è mai: su 100 casi, non c’è stato che un solo incidente mortale, ma piuttosto: questi 99 episodi, che avrebbero potuto essere così catastrofici quanto l'ultimo, fanno parte della "lunga lista di tragedie evitate d’un soffio". Ugualmente, degli incidenti che non si configurano veramente come tali (un traffico potenzialmente conflittuale, con delle norme di separazione rispettate grazie ad una buona anticipazione dell’incrocio) diventano motivo d’indignazione e prove dell’incapacità del sistema a funzionare in maniera sicura. Questa "isteria" attorno a situazioni di traffico conflittuale trova nutrimento evidentemente dell’assenza di comprensione e di spiegazione del modo in cui lavorano i controllori del traffico aereo. L’incidente è continuamente e implicitamente descritto dai giornali come il concatenarsi fatale di una catastrofe annunciata piuttosto che un tragico concorso di circostanze: "La più grave sciagura nella storia dell’aviazione in Italia fu provocata da una colpevole catena di negligenze e di violazioni delle regole sulla sicurezza dei voli. Non un incidente imprevedibile, ma una tragedia annunciata". Questa "colpevole catena di negligenze e di violazioni delle regole della sicurezza aerea" conduce subito a liberare il pilota tedesco da ogni colpa: "L’impressionante serie di smagliature nel sistema di prevenzione esclude che un evento così drammatico sia il frutto della semplice fatalità o dell’eccezionale sventatezza di un pilota tragicamente morto per sua propria colpa" ("Corriere della Sera" - 16/7/2004). Insomma, e non è una sorpresa, lungi dall’esser considerati dei professionisti responsabili all’interno di un sistema sotto controllo, i controllori finiscono per apparire come dei privilegiati intoccabili all’interno di un caos nazionale inammissibile.
Uno studio decisamente esauriente sull'argomento è condotto nel 2004 dal Philippe Mahaud del Centro Sperimentale di EuroControl dal titolo "Safety of Air Traffic as seen by the press".
Pochi giorni prima della conclusione del processo di I° grado, si assiste, dunque, ad un assalto che ha del torbido, nei confronti della categoria attraverso la trasmissione di servizi telegiornalistici montati ad arte per ...fare strada ad una probabile sentenza. ANACNA reagisce scrivendo ai parenti delle vittime:
"Il servizio televisivo ha decontestualizzato una situazione nella quale nessun Controllore del traffico aereo avrebbe potuto vedere l’immensa tragedia che si era verificata. Scherzare in quel momento sarebbe stato assolutamente fuori luogo. Da quel giorno la vita è cambiata per tutti. La nostra missione è prevenire collisioni. Ci riusciamo quotidianamente. Quel giorno non siamo riusciti ad essere "più perfetti del sistema imperfetto che ci circonda...Una sequenza di comunicazioni giornalisticamente montate ed incorniciate con sentenze preconfezionate può servire solamente a turbare lo svolgimento di un processo per fare pressioni su chi è chiamato a giudicare a pochi giorni dall’attesa sentenza. Ciò è inaccettabile: la nebbia che si vuole di nuovo far calare sull’aeroporto di Linate è una nebbia che serve a celare la verità a chi ha il diritto di reclamarla. La solidarietà di tutti noi Controllori del traffico aereo va a Voi parenti delle vittime."
Se la "causa materiale" dell’incidente sembra, in un primo tempo, essere stata un’intrusione (incursione di pista ) dovuta ad un errore involontario, una svista del pilota tedesco, questa causa materiale, all’annuncio del verdetto nel 2004, per il Corriere della Sera, non è più che la "causa ultima" dell’incidente. Il pilota è stato intrappolato dalle carenze di un aeroporto fuori legge e non ha commesso né errore tecnico né sbaglio rinviando l'errore umano sul controllore che non ha né identificato la posizione dell’aereo malgrado il suo messaggio inequivocabile, né reagito come avrebbe dovuto in queste particolari circostanze di visibilità molto scarsa