di Sara Chipa (CTA Roma Fiumicino) e Monica Lorenzon (CTA Venezia Tessera)

“As I walked out the gate that would lead to my freedom, I knew if I didn’t leave my bitterness and hatred behind, I’d still be in prison.” Nelson Mandela

Marzo 2020 dichiarazione di pandemia.

Il mondo è costretto a fermarsi e a rivedere i paradigmi che fino a quel momento lo hanno guidato.

Anche la realtà dei CTA subisce un deciso contraccolpo, improvvisamente si riempiono gli stand negli aeroporti e si chiudono i portelloni degli aerei che tarderanno a riaprirsi. Gli schermi radar che prima ospitavano label colorate ora sono sempre più vuoti, le voci dei piloti in cuffia o dagli speaker decisamente più diradate, il collega che prima ci poteva stare vicino ora è ad almeno un metro di distanza e con la “museruola”. D’un tratto saltano quelle routine consolidate che trasmettono serenità e consuetudine: la chiacchierata davanti alla macchinetta del caffè, lo sfottò per il cambio che non arriva mai, la stretta di mano che ora, dopo passaggio sotto al dispenser dell’igienizzante, si stringe al petto per favorire l’incontro del gomito.

Questi spazi vengono occupati da altre chiacchiere, da altre parole. Sono diventate sempre più familiari concetti come crisi, bollettino, protezione civile, distanziamento, evitamento, divisioni a “zone”, ma, soprattutto, affrontiamo quotidianamente il tentativo di dare un nostro significato alla parola perdita.

Perdita, quel rimanere privi della presenza di qualcosa o di qualcuno. Abbiamo dovuto farci i conti. Abbiamo subìto un “lutto”.

La psichiatra Kübler Ross elaborò nel 1969 la Teoria delle cinque fasi del lutto, teorizzando che per poter elaborare una perdita fosse necessario affrontare 5 fasi:

  1. non è possibile, non ci credo” (la negazione)
  2. perché proprio a me? Cosa ho fatto per meritarmelo?” (la rabbia)
  3. se supero questo momento, non farò più errori” (inizio dell’esame della realtà)
  4. non posso farcela, la mia vita così non va” (consapevolezza della perdita)
  5. ora bisogna andare avanti” (elaborazione ed accettazione)

Le prime 4 sono appena state completate. Nel segno dell’ora bisogna andare avanti, si è aperto questo 2021.

Inizio anno con fiducia e speranza, l’atteggiamento positivo è incoraggiato dalla maggior conoscenza della malattia, dall’inizio della campagna vaccinale, pur rimanendo consapevoli delle ancora numerose contraddizioni e dibattiti sulla gestione del tempo, dello spazio, della salute a 360 gradi di ogni persona.

Ognuno di noi ha cercato di sviluppare la propria risposta, un proprio antidoto, ha  provato a riempire i vuoti che ha incontrato con nuovi strumenti. La resilienza che si sapeva di avere o della quale neanche si aveva conoscenza, è venuta in aiuto. Ecco che timidamente si riaffacciano le chiacchiere  nei turni e gli argomenti divengono un poco più leggeri: si condividono i risultati degli esperimenti culinari, l’inizio di corsi che per una vita si sono rimandati, i link di tutorial per la realizzazione di una creazione fai da te, programmi di fitness, nuovi e vecchi progetti per i quali “non voglio più aspettare”, il riscoprire l’importanza dello stare assieme e del tempo di qualità da insegnare ai figli.

Condividendo che già un anno è passato aspettiamo che gli stands si liberino per essere rioccupati da nuovi voli pronti a partire carichi di progetti, che gli schermi radar siano più illuminati e le voci dei piloti in cuffia e dagli speakers siano più ravvicinate.

Ancora: “One of the most difficult things is not to change society, but to change yourself”. Nelson Mandela in molte sue riflessioni, nel corso degli anni e della sua conosciuta esperienza, ha richiamato l’importanza del lavoro personale come strumento non solo per progredire come società ma prima ancora per lo sviluppo e il benessere dell’individuo che la compone. La stessa Costituzione Italiana, per rimanere all’interno della nostra storia, parla di “pieno sviluppo della persona umana” (art.3) e ripone nella Repubblica, tanto importante è questo argomento, il compito di favorire tale crescita. Filosofi, scienziati, politici, religiosi di ogni era hanno richiamato all’attenzione della vita, nel corso dei secoli, l’importanza dello sviluppo personale come base del progresso. Si parte, insomma, da noi.

“Conosci te stesso”. Si parte dalla consapevolezza che siamo parte attiva della nostra crescita e, come tale, la ricerca del nostro star bene è responsabilità per noi, per il gruppo a cui apparteniamo, per il pieno sviluppo del nostro presente e del nostro futuro. Nessuno ha mai detto che è semplice, facile e veloce, tantomeno indolore e dal risultato certo. C’è chi il benessere lo raggiunge con poco, chi con anni di pianti e prove personali inenarrabili, chi non ci vuole pensare e vive speronato come viene dagli eventi della vita, chi ci prova e abbandona per poi rialzarsi; chi non rinuncia mai e con grande forza d’animo, impegno, lotta, coraggio e amore, facendo della propria vita la migliore testimone di se stesso, un equilibrio e delle risposte le trova e diviene esempio. Il sentiero è diverso per tutti. Difficile se non impossibile classificare per ognuno quanto e cosa ci procura ansia, paura, stress eccessivo, motivo di sconforto. Tanto un evento è di vitale importanza per qualcuno, tanto la stessa situazione sarà impalpabile per qualcun altro. La nostra diversità ci accomuna e ci unisce nell’importanza e nella potenza della reazione alla vita. Chiunque almeno una volta ha detto a se stesso o a qualche amico: ”voglio star bene! Voglio sentirmi bene!”. L’azione segue il pensiero.

L’ultimo anno è stato molto impegnativo per il corpo e la mente di tutti, devastante per molti. Ognuno di noi, se non direttamente, si è venuto a scontrare con la realtà che il mondo ci propone. A distanza di mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria, sempre più si parla di malessere personale, sociale, di timore uno dell’altro, di perdita di identità, di relazioni, di barriere di paura che le persone alzano per tentare di proteggersi da molti nemici tanto invisibili quanto pesanti, palpabili e presenti. Lo stress accumulato, il malessere di vivere, la salute mentale stanno diventando temi sempre più discussi e pandemici. Parenti, amici, vicini di casa, noi stessi siamo bersaglio continuo di stimoli subdoli ma a volte anche molto evidenti. Dalla mancanza di lavoro, alle chiusure continue, dalla tristezza della lontananza imposta, alla difficoltà di trovare risposte coerenti e una comunicazione efficace, da una informazione scadente alla scuola allo sbando. Agitazione, ansia, senso di abbandono, confusione, stanchezza, sonno disturbato, mal di stomaco, esplosioni emotive, collera. La lista della nostra reazione alla situazione potrebbe continuare ancora per molto. Siamo tutti umani. Affrontiamo problematiche ogni giorno, con o senza covid19, e di angoli bui dentro di noi, di paure e disagio ne troviamo sempre.

Di fronte a tutto questo, dobbiamo ricordiamoci però che ci appartengono anche molte qualità da usare e modellare, rispettare e accrescere, risorse che non immaginiamo, se solo avessimo sempre la chiara e fredda consapevolezza di ciò che siamo. Possiamo scegliere. Magari non cambieremo tutti gli aspetti e gli angoli spinosi della nostra vita ma, quantomeno, possiamo provare a fare ordine sfruttando le nostre esperienze, i nostri punti di forza e la nostra capacità di elaborazione. Non per ultimo, teniamo sempre a mente che qualunque sia il nostro “stare”, ci sarà sempre chi ci aiuterà non appena decidiamo di almeno tentare di volerci bene o se solo ci chiedessimo cosa significa stare bene. Nessun uomo è un’isola. Abbiamo bisogno gli uni degli altri, sempre. Serve volere e amore. Serve stare assieme.

Francesca Bartoccini nel suo libro “Wellbeing in Aviazione” parla del programma di Peer Support WELLBEING e si riferisce al benessere come “uno stato che si può raggiungere, di serenità, di coerenza ed integrità, di presenza a se stessi, di autostima e di connessione con sé, con gli altri e con il mondo. Uno stato che è il risultato di un lavoro personale che ha sollecitato un cambio di atteggiamento e prospettiva”.

Un lavoro personale. Se non possiamo modificare il nostro corredo genetico che influisce comunque molto nella reazione alla vita, possiamo sicuramente agire su un altrettanto grande, importante e significativo aspetto di noi: tutti gli elementi che sono sotto il nostro controllo, che possiamo gestire, conoscere e modificare come la valutazione del nostro passato, del futuro, la gestione del presente. Agendo quindi sugli aspetti sui quali abbiamo il potere, diveniamo parte attiva, propositiva e cosciente di noi. Fare pace col nostro passato, cambiare la nostra valutazione delle cose trovando dell’ottimismo, gustarci i piaceri della vita senza caderne vittime, dare un senso alla nostra esistenza, seguire le nostre passioni e coltivare relazioni gratificanti possono essere degli esempi. Riconoscere i nostri bisogni, le nostre debolezze come le nostre qualità, coccolarci, parlarci in armonia, fiducia, con impegno e speranza. Potremmo non essere felici oggi ma avere le risorse per stare comunque bene. Benessere è una condizione permanente, un atteggiamento, una predisposizione alla vita.

Il progetto Wellbeing è questo, un aiuto per noi stessi e di conseguenza per gli altri. Come disse già qualcuno, non dobbiamo arrivare sùbito alla fine della scalinata ma iniziamo intanto a salire il primo gradino. Ce lo dobbiamo. Restiamo in ascolto.

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